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Giro 2015. Ok le gambe, ma i materiali potrebbero fare la strategia

22 mag 2015

Nel ciclismo moderno c'è un problema tecnico. Non si tratta di biciclette che non funzionano bene, quelle ci sono sempre state e qualche problema ci sarà sempre. Dal cavo che si spezza, alla gomma che si buca proprio nel momento sbagliato. È un problema tecnico, o meglio, di conoscenza tecnica.

Le biciclette si sono evolute, non è solo questione di fibra di carbonio e pesi e neanche di rigidità che aumenta del 10-15 per cento ogni anno, a sentire certe campagne pubblicitarie. Roba che dovremmo pedalare su bici dure come pietre se fosse vero (contando da quanto si dicono cose di questo tipo – che sì, hanno decisamente appeal e sono più immediate di altre comunicazioni).

Il peso, abbiamo visto, non sono è cambiato molto. Siamo ancora fermi a quella regola, datata 2000, quindi più di un'era geologica dal punto di vista della tecnologia, che limita la leggerezza a 6,8 chilogrammi. Ma non è nemmeno questo il problema. Anche se può essere importante il modo in cui questo peso viene distribuito sulla bicicletta.

Tecnologia da conoscere

C'è una quantità di tecnologia, invece, che si è evoluta ed ha portato a disposizione dei corridori tanti componenti che possono davvero permettere una personalizzazione assoluta della bicicletta.

Si è detto più volte, anche su Cyclinside.com, come la differenza tra un paio di ruote e un altro possa essere importante nel definire (e cambiare radicalmente) le caratteristiche di una bicicletta. Importantissime sono pure le gomme, la tipologia di tubolare o di copertoncino adottata e, ancora di più, la pressione di gonfiaggio. Tutto chiaro? Sembra, ma poi arrivano voci di errori grossolani da parte delle squadre, comprese quelle che hanno un “tecnico” al loro interno che serve a consigliare le scelte dei materiali volta per volta.

Visto il nostro lavoro, capita di parlare con i responsabili delle aziende e a volte ci vengono confessate, candidamente, scelte azzardate e senza basi scientifiche.
«Le gomme? Al massimo della pressione!» ci diceva tempo fa un meccanico prima di una corsa che prometteva molta pioggia. E le ruote, spesso, vengono scelte ad alto profilo a prescindere. Anche quando nella gamma del produttore ci sono modelli molto diversi tra loro, comprese quelle con cerchio a basso profilo, come una volta. Che però piace meno a chi pedala.

Anche nella scelta dei pattini freni a volte le soluzioni sono discutibili. Ormai, con i cerchi praticamente tutti in fibra di carbonio è probabile che nelle squadre non ci siano neanche tra i ricambi i pattini per l'alluminio. E c'è chi candidamente ammetteva di non fare differenze tra alluminio e carbonio. “Tanto i corridori sanno come si frena”. Su questo non abbiamo dubbi, ovviamente, ma quanto potrebbero rendere in più con i materiali giusti per l'occasione?
Nello specifico, ad esempio, il problema del carbonio è che non disperde il calore così come avviene per l'alluminio. Questo fa sì che i normali pattini in gomma tendano a sciogliersi letteralmente (o peggio, a restare incollati – è successo) sul cerchio in composito. Problema abbastanza remoto per i pro' che solitamente evitano azioni frenanti lunghe.
Tuttavia, pensare di lasciare una ruota in composito con pattini per alluminio è una scelta poco saggia. Tanto più per una squadra che non ha certo problemi di disponibilità.

Dov'è il problema allora? Probabilmente nella scarsa convinzione delle dotazioni tecniche, le cui caratteristiche salienti spesso vengono interpretate come sovrastrutture del marketing e non considerate nelle loro reali possibilità. Ovviamente non vogliamo generalizzare (ci sono meccanici e corridori che sono molto attenti a quello che forniscono le aziende e, anzi, sono degli interlocutori privilegiati per chi sviluppa i prodotti), come è pure vero che il marketing a volte si lascia prendere la mano.

La sensazione, a volte, è che si tenda a dare ai corridori la bicicletta tecnicamente più evoluta perché si ritiene comunque meglio, ma a prescindere dall'utilizzo del momento. Tanto poi sarà l'abilità del corridore a saperla domare

A sentire certi discorsi, però, verrebbe voglia di tornare indietro nel tempo: bici in acciaio e cerchi in alluminio.

Ritorno al passato?

Davvero, a volte, viene da pensare che si dovrebbe tornare indietro. È una provocazione ovviamente, ma la tecnologia non serve se sfruttata male, diventa pure controproducente.

Ci sono troppi, anche nel gruppo dei corridori, che vedono la rigidità come sinonimo di massima prestazione. È una caratteristica di cui tenere conto, ma non è affatto detto che la rigidità assoluta sia la cosa migliore. Nè su un telaio né sulle ruote. La rigidità non fa assorbire la strada, non asseconda le curve e nemmeno il fondo stradale. Anzi, rischia di far perdere aderenza. Una gomma troppo rigida ha una cattiva scorrevolezza: la pressione deve essere commisurata al peso ma anche alle caratteristiche della gomma. Per questo non esiste una pressione ideale.
Ma pensare che “più rigido è, meglio è” è come pensare di fare una discesa stando completamente rigidi sulla bici. Nella migliore delle ipotesi si andrà più piano, nella peggiore si rischierà di cadere, perché non si assorbiranno le caratteristiche della strada. Ecco, la bici deve fare la stessa cosa e parliamo di discesa perché è il percorso che più mette in risalto le caratteristiche tecniche. Ma abbiamo visto come pure in pianura, con le bici da cronometro (che sono rigide e notoriamente “dure” da guidare) possano andare in crisi. In una crono, però, questa caratteristica è accettabile, perché se pure si perde qualcosa su una curva, è maggiore il vantaggio altrove.

Una ruota molto rigida rischia di non perdonare in curva e in una discesa tecnica. Se poi è ad alto profilo e c'è vento c'è un problema in più.
Lo stesso si può dire per un telaio e, forse ancora di più, per una forcella. Ferma restando l'abilità dei corridori di riuscire a fare discese meglio di qualsiasi comune mortale, un aiuto da parte della bicicletta può essere una cartuccia in più da sparare al momento giusto, ma occorre sapere perfettamente di cosa si può disporre. Altrimenti è come se uno sciatore scegliesse sci e scioline in base ai colori che più lo aggradano in quel momento.

Materiali e strategie

Probabilmente tanti corridori che sono in gruppo oggi, che non hanno mai avuto possibilità (e piacere) di guidare un telaio in acciaio dovrebbero provare com'è il comportamento di una forcella in acciaio in discesa, con ruote a basso profilo e partire da questa sensazione per capire quanto possa cambiare il comportamento di una bicicletta. Non è detto che quello sia il migliore in assoluto (né immaginiamo corridori che vogliano tornare all'acciaio), ma si potrebbero studiare delle strategie diverse a seconda del percorso e, magari, fare la differenza.

Guido P. Rubino