15 feb 2015 – Ci sono piccole armi che possono fare grandi rivoluzioni. Niente politica e storie e mitologia. “Solo” biciclette, anzi: telai e ruote.
Siamo andati a trovare Dioniso Cicli nel suo covo. Che tanto covo non è. C’è un bel negozio a Novi Ligure, tirato su di recente e pure rimesso a posto perché il mal tempo aveva lasciato il segno.
Ci sono telai in carbonio, marchi storici, quelli che vuole il mercato. Poi ci sono telai in acciaio e ancora in carbonio, marchio locale: Dioniso. Nome scelto non a caso, il dio della liberazione dei sensi, perché con i tubi da bici si può creare. Non sono telai acquistati chissà dove, quelli che si trovano in via Manzoni, sono fatti lì, poco distante, dagli stessi che trovi in negozio, Claudio Cappelletti e Paolo Sterpi. Piccole armi, ma nemmeno tanto: le loro lime e il tiraraggi possono bastare per creare qualcosa di diverso e di nuovo, nato dalla passione, poi dallo studio e di nuovo dalla passione. E ce ne deve essere tanta per farsi largo nel mondo.
Claudio ci aveva scritto un po’ di tempo fa: “possibile che sui materiali della bicicletta ci sia ancora tanta ignoranza? A volte leggo cose imbarazzanti in giro e a fare la voce grossa sono sempre i soliti, i grandi marchi che spesso non sanno di cosa parlano – ha esordito, poi a voce, quando lo abbiamo incontrato – e scrivono sui loro cataloghi di fibra di carbonio che non esistono. Oppure cose errate. Chi l’ha detto che la fibra unidirezionale sia la cosa migliore?”.
Claudio lavorava in un negozio e intanto studiava biciclette e materiali. Non servono studi di ingegneria per certe definizioni, basta saper cercare su internet e magari qualche libro. E già si può capire di cosa si stia parlando. Poi magari si può approfondire ancora di più, andare a vedere come un telaio nasce, dopo il progetto.
Claudio è un giovane che non vuole disegnare i telai al computer. “Non sono capace”, dice, ma potrebbe iniziare in ogni momento. Per uno con la sua curiosità figuriamoci se è un limite. Nel laboratorio dove salda e conserva i tubi i disegni sono appesi in bacheca con le misure giuste. Quelle che tengono conto anche della forcella.
«Ti rendi conto che ormai, anchechi fa telai artigianali, si deve adattare alle forcelle che sono sul mercato? – ci dice col giusto stupore di chi le cose preferisce farle su misura – e se vuoi una forcella in carbonio non scappi da quel rake, e a quel punto non puoi che adattarci il telaio intorno. Invece sarebbe molto meglio stabilire il rake come tutte le altre misure, quella sarebbe la vera bicicletta personalizzata».
Claudio costruisce telai e intanto sperimenta, quello che sta facendo per sé ha una forma strana, roba che non potrà prevedere dei mettere in vendita “ci metto troppo tempo a farlo, dovrei chiedere troppo”, ci lavora nei ritagli di tempo e piega acciaio e poi con la lima per mettere in pratica certe sue idee.
Intanto Paolo lavora dietro al banco su un telaio Bartali. Sempre acciaio, ma di qualche anno fa. Lui è esperto di restauri e avrebbe una voglia di fare anche di più. A Novi Ligure avrebbe giusto un museo a tiro.
Anche sulla fibra di carbonio c’è tanto da dire e da lavorare con piglio artigiano: «Guarda questi tubi – incalza Claudio – soprattutto guardali dentro, come sono perfetti, mica riesci a farle queste cose con i telai monoscocca, in una struttura unica il controllo degli spessori interni diventa un problema, non che non si possa fare, le soluzioni ci sono, ma quanti ci si mettono davvero?»
Da bravo artigiano del personalizzato Claudio Cappelletti, alias Dioniso, lavora con la tecnologia della fasciatura e anche qui bisogna fare attenzione, chiarisce, nella quantità di resina da utilizzare. «Soprattutto bisogna sapere bene cosa si fa – spiega – tempo fa mi era capitato di seguire una lavorazione dove si applicava uno strato di assorbente sopra la fasciatura per fare sì che la superficie risultasse perfettamente liscia. Ma il risultato era che l’assorbente toglieva resina dal composito, inficiando il lavoro».
Ci vuole competenza con la fibra di carbonio e poi fantasia e creatività. Alla fine si scopre che non è poi così diversa dall’acciaio: non limita affatto. «Quello che limita è la lavorazione industriale – spiega Claudio – ma non vuol dire che non ci siano telai ottimi in giro. Però se si spendono tanti soldi…»
E tira fuori un “trancio” di forcella di un telaio di serie e guarda con attenzione: «Vedi quel buco? È una bolla d’aria. Dipende da come vengono applicate le fibre, se non si fa uscire tutta l’aria questo è il risultato – spiega – d’altra parte se vedi che spessore ha qui la fibra di carbonio puoi star tranquillo che compensa anche queste piccole imperfezioni. Questo pezzo non si romperà mai. Però potrebbe essere fatto meglio, anche più leggero».
Va contro corrente Claudio e poi lavora sulle ruote, il banco di prova di ogni bravo meccanico. Pure lì sperimenta, incrocia e cerca qualcosa di originale: dalla disposizione dei raggi al modo di legarli tra loro “chissà se in questo modo li ha mai fatti qualcuno. Mentre lavora arriva Giovanni Meazzo, esperienza degli anni ’50 affascinato da chi fa i telai come ricorda lui. Potesse tornare a correre oggi, probabilmente, saprebbe dove andare a cercare una bicicletta buona.
Galleria Fotografica
Info: www.dioniso-cicli.com
Guido P. Rubino