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Giro 2015. Al Processo alla tappa autogol del marketing aziendale

12 mag 2015

Chissà se l'avete notato il siparietto che si è creato nel Processo alla Tappa, la trasmissione della Rai dedicata ai commenti sul Giro d'Italia. Nella terza frazione del Giro 2015, oltre alla preoccupazione e agli auguri per Pozzovivo, caduto a terra rovinosamente, si è parlato anche di tecnica. Ovviamente non possiamo aspettarci approfondimenti importanti, i tempi televisivi sono quelli e bisogna tenere conto del pubblico che non va annoiato, ok. Però quando la conduttrice, Alessandra De Stefano (nella foto) ha chiesto ai direttori sportivi presenti con le bici dei loro team, di parlarne tecnicamente si è sfiorato il ridicolo. A parte le informazioni molto generiche, la cosa che ci ha fatto sobbalzare è stata la conclusione degli ospiti titolati che si sono accordati con un diplomatico “sono top di gamma, praticamente si equivalgono tutte”. Ecco, sono sicuramente ottimi direttori sportivi quelli intervenuti, ma in un paio di secondi hanno fatto fuori ricerca tecnologica e campagne marketing delle aziende che li sponsorizzano. Così, un colpo secco e tanti saluti. Tanto le bici sono tutte uguali...

Ora, è vero che in termini prestazionali il predestinato di questo Giro d'Italia vestirà probabilmente la sua Maglia Rosa a prescindere dalla bici su cui pedala, ma sparare così brutalmente forse non è stato molto saggio (diciamo così). Anche perché, soprattutto, dire che le top di gamma siano “tutte lì” non è corretto: le differenze ci sono eccome. Ovviamente non possono essere differenze da sport motoristici, il motore sono sempre le gambe del corridore, ma ci sono biciclette con caratteristiche molto diverse, che possono essere adattate nel modo più corretto ai corridori che ci pedalano su e magari proprio su questo evidenziare le caratteristiche per cui il marchio di nome spende tanto. Il carro "Onda" di Pinarello ha un senso, così come la soluzione adottata da Cannondale per forcella e foderi bassi posteriori. E così via.

In questo modo è stato un po' come quando si entra in un negozio e si chiede quale sia la differenza tra una bicicletta da 500 euro e una da 5.000. Rispondere che “quella da cinquemila è più buona” non può soddisfare nessuno e non giustifica la differenza di prezzo. Neanche è servita l'esortazione della De Stefano che chiedeva, almeno, di raccontare le esigenze particolari dei corridori. Silenzio da impreparati all'interrogazione. Le aziende che investono milioni di euro devono fare un po' più attenzione ad informare bene cosa danno per correre ai propri team. Altrimenti si rischiano altri autogol clamorosi come questo.

GPR